sabato 26 settembre 2009

(500) days of summer e altro

Stasera sono andato al cinema. Ho visto "(500) Days of Summer", mi è piaciuto abbastanza: originale, divertente, strano, curioso, triste, azzeccato.

Uno dei vantaggi dello stare negli Stati Uniti (!!) è che non devo aspettare che i film arrivino in Italia per vederli; d'altro canto devo però vederli in inglese, capendo al 70%, e questo è un po' un peccato. Comunque questo film esce (o almeno dovrebbe uscire) in Italia il 20 Novembre (il giorno prima del mio compleanno) e io l'ho già visto.

In italiano il film si chiamerà "(500) Giorni insieme" e questo è davvero triste: l'originalità del film parte infatti dal titolo, giacché la ragazza con la quale il protagonista ha la storia d'amore che il film racconta si chiama Summer, quindi in inglese il titolo vuol dire sia 500 giorni d'estate sia 500 giorni di Summer mentre nessuno dei due significati è stato mantenuto in italiano, peccato.

Pensate alla commedia di Oscar Wilde "The importance of being Earnest": doppio significato, in italiano ridotto ad uno con "L'importanza di chiamarsi Ernesto" ma per lo meno non azzerato come in questo caso!

Comunque è un bel film, segnatevelo se vi piacciono i film sulle storie d'amore, ma non vi aspettate una cosa sdolcinata.

P.S. Adesso che ci faccio caso questa storia della differenza tra date di uscita italiane e americane è un bel casino! Perdo tutti i film usciti prima o durante l'estate in America che escono in autunno in Italia e vedo qui tutti i film che poi potrei vedere in Italia in Inverno! Chissà quanti film dovrò vedere due volte: perlomeno la seconda volta capirò tutto quello che non ho capito la prima in inglese...

lunedì 14 settembre 2009

Marmellata

C'è questa marmellata che però non la vendono al supermercato. Questa marmellata è di albicocche e però non sa di albicocche. Questa marmellata, invece, sa di buono. Questa marmellata la fa una zia di mia madre, che però fa la macellaia. Questa marmellata non lo so con quali ingredienti sia fatta ma sospetto che tra questi vi siano il ricordo, la vita, l'affetto e un po' di limone. Questa marmellata è imprevedibile perché non si chiede ma viene regalata. Questa marmellata è preziosa perché ce n'è un barattolo all'anno, se va bene. Questa marmellata va bene su tutto, ma non la mangio a cucchiaiate solo perché altrimenti finirebbe subito. Questa marmellata è casa, mamma, infanzia, colore, allegria.

Waterside Plaza

Oggi finalmente ho potuto scegliere una panchina comoda e vedere la città accendersi come solo lei può, con i grattacieli che si punteggiano di luci e gli edifici del Queens ad osservare stupefatti, basiti, lo splendore di ques'opera umana piena di eleganza e raffinatezza.

Manhattan, New York, gli aeroplani che atterrano sul fiume, persone che con lo sfondo del tramonto sulla città brindano e bevono vino in piazza, le barche che dondolano solcando le timide onde dell'East River.

venerdì 11 settembre 2009

Imparare gli inglesi

Quando in Italia si cerca di insegnare l'inglese, tra le altre cose si fanno ascoltare molte registrazioni di conversazioni o di presunti programmi radio. L'inglese di queste conversazioni è quello standard, quello della commessa di Tiffany o del cameriere del Ristorante alla moda. Quando però ci si immerge nella realtà quotidiana degli States si capisce che c'è da imparare molto più di un solo inglese: quello del coinquilino ispano-americano che viene da Long Island, quello del coinquilino che viene dalla Florida, quello del compagno di stanza che viene da Hong Kong ma che è nato a San Francisco, quello del professore ottantaduenne che non pronuncia ma sospira le parole, quello della signora a cui chiedi aiuto al supermercato che pronuncia "soft" "suft", quello del professore mezzo Turco (il più facile che io abbia sentito fin'ora, per fortuna), quello della professoressa indiana che allunga tutte le "u" e tanti altri tipi di inglese completamente diversi nella pronuncia e nello slang che si possono incontrare in questa terra incredibilmente complicata.

mercoledì 9 settembre 2009

Sul punto di studiare

Eccoci qua, il momento prima di aprire i libri ed iniziare a studiare senza sosta fino a febbraio. Il piano è 7 esami in 6 mesi: follia pura.
Come se non bastasse le università americane richiedono di tenere il ritmo sempre al massimo.
Ho comprato The New York Times e sono riuscito a leggere solo un articolo. Non riesco a pensare ad altro che al fatto che devo studiare.
Pochi giorni fa non so cosa avrei dato per avere qualcosa da studiare ma, ovviamente, ora che quel qualcosa si è concretizzato, avrei voglia di fare qualsiasi altra cosa.
5 corsi in inglese, devo essere pazzo.
Però per lo meno ho voglia di provare una sala studio.

domenica 6 settembre 2009

Post triste del sabato sera

Questo è il post triste del sabato sera. Qui sono le 9 di sera e per fortuna tra un po' si esce ma un velo di melanconia mi ha avvolto stasera e sarà difficile scrollarmelo via di dosso.

Non so cosa abbia causato questo stato d'animo ma immagino una di queste cose:
Ho portato a termine la mia prima "laundry" newyorkese, ho lavato ed asciugato (perchè qui ci sono le asciugatrici) lenzuola e altre varie cose.
Ho mangiato due fette di pane e spero di mangiare almeno un po' di frutta quando usciremo.
Ho voglia di scrivere ma non so di cosa.
Ho due coinquilini insopportabili, che mi hanno tenuto sveglio tutta la notte cantando ad alta voce una canzone orrenda e che hanno usato la mia padella e non l'hanno pulita.
Oggi ho fatto un giro e ho rivisto la strada dove soggiornavamo quando c'erano qui i miei, Simona e i suoi.
Ho dormito male e quindi ho sonno.
E' sera ed è buio.
Il quartiere di questa residenza della NYU è un po' desolato (nonostante sia Manhattan!!)
Non ho niente da fare.
Quel poco che potrei fare mi scoccio di farlo.
Mi manca tutto molto.
Non c'è niente di particolare che farò tra domani e dopodomani che non veda l'ora di fare.
Sono lontano e non so ancora perchè.

sabato 5 settembre 2009

Chi sale e chi scende a New York

Il pensiero di oggi riguarda l'università e gli studenti Asiatici. Alla New York University un buon 40% degli studenti ha tratti asiatici. Dovunque occhi a mandorla, in ogni gruppo, in ogni incontro, in ogni negozio. Così puoi immaginare come sarà l'America tra 30 anni: ancora più di oggi molti lavori del settore dei servizi saranno svolti da persone con origini dell'estremo oriente che mano a mano diventeranno buona parte della classe medio-alta degli Stati Uniti.

Per oggi basta. Buona notte.

venerdì 4 settembre 2009

Very Little Italy

Oggi con i miei compagni italiani siamo andati alla ricerca di Little Italy, quella che ci ricorda che abbiamo una fetta di America, che però non è più un quartiere: è una strada. Per la precisione Mulberry Street. E' un posto pieno di ristoranti, un po' chiassoso ma meno affollato di Chinatown la quale la avvolge o quasi la sommerge. Ad ogni incrocio, guardando le insegne sulle strate perpendicolari, si possono scorgere solo parole in cinese.
Non è un "quartiere" particolarmente evocativo per chi viene dall'Italia ora a visitare gli USA, forse può esserlo di più per chi ha origini italiane e vive in America. C'è solo un posto, però, che mi ha aperto il cuore e che mi ha riportato col pensiero dritto nella cucina di mia nonna. All'incrocio tra Mulberry e Grand Street c'è una specie di salumeria, si chiama "Alleva", e vende tutto il miglior cibo che l'Italia (in particolare Napoli) produce o usa per cucinare i suoi piatti più buoni: mozzarella (vera), provola, salami, salsicce, forme di parmigiano reggiano e di grana padano, pasta di marca, caffè (anche il Kimbo di cui avevo disperatamente bisogno), Olive condite di ogni tipo e tantissimi altri tipi di formaggi e salumi esclusivamente italiani. Vendevano anche qualche rustico e della frittura da rosticceria: ho mangiato una "rice ball", un arancino, e ho sentito il sapore di casa. Nelle giornate grigie, in cui mi sentirò troppo lontano da casa, mi troverete lì.

giovedì 3 settembre 2009

Full day...

Giornata piena (pienissima) quella appena trascorsa. Sveglia presto per poter parlare con e vedere Simona (Skype, anche se per altre cose prendi un sacco di soldi, ancora gazie). Workshop (incontro) al centro Relazioni Internazionali della NYU per i documenti dell'immigrazione. Corsa (50 dollari :-( ) all'aeroporto JFK per aggiustare dei documenti che non erano come dovevano essere; 2 hot dog, patatine e coca cola zero (4,30 dollari: troppo poco?) all'aeroporto per placare la fame; ritorno in treno/metro a Manhattan (che, sappiatelo, viene pronunciata dai NewYorkesi con la h aspirata e come se avesse una sola t) (7.50 dollari, molto meglio). Breve sosta a Manhattan (washington square park) in cui ho ritirato la tessera dell'assicurazione sanitaria e partenza per gli US Open 2009, Flashing Meadows, Queens; visti spezzoni di due partite tra donne sconosciute e il match point di Nadal (senza sapere chi dei due tennisti fosse Nadal perchè eravamo troppo in alto e aveva i capelli raccolti). Ritorno a Manhattan e spesa al supermercato (insalata e frutta finalmente). Celebrazione di compleanno di una ragazza spagnola in scambio con noi. Discussione infinita con il coinquilino di Hong Kong riguardo le rispettive lingue e l'inglese.

mercoledì 2 settembre 2009

A is for Alcohol

Avete in mente le scene dei film di feste nei college americani? Quelle in cui c'è un ragazzo enorme seduto su una sedia che urla a tutti cose senza senso; quelle in cui un tavolo molto piccolo è completamente pieno di lattine e bottiglie di alcolici (in realtà quasi solo birra); quelle in cui si sta tutti stretti, col fiato che sa solo di alcool; quelle in cui tutti bevono di nascosto perché hanno meno di 21 anni; quelle in cui arrivano tutte quelle persone, i cattivi del film, con la faccia allungata, gli occhi spenti, a bere anche loro perché, se si beve, loro ci sono.
Avete presente tutto questo? Ecco, è tutto vero, avviene ogni giorno in molti diversi angoli di questa America dalle mille speranze. E' accaduto nel mio appartamento, meno di un'ora fa, mentre io ero fuori, due dei miei coinquilini hanno iniziato a bere una birra con un amico, hanno lasciato la porta aperta e la gente ha continuato ad entrare e a portare da bere. Poteva accadere in tante stanze diverse di questo dormitorio, o di altri dormitori universitari, e sta accadendo proprio ora in migliaia di appartamenti in tutti gli Stati Uniti. E' una nazione malata di alcool, malata a causa del divieto fino ai 21 anni, malata per il conformismo, malata per la velocità che non permette a nessuno di restare indietro, di prendersi il proprio tempo.

Poi però, proprio come in una scena di un film, arrivano le regole, i controlli, le punizioni. E' solo il terzo giorno che siamo qui, in questo dormitorio, ma i responsabili di piano non hanno voluto sentire ragioni e hanno identificato i ragazzi che stavano bevendo. "Warning", un dito puntato contro di loro e "next time they're out", la prossima volta non ci sarà niente da fare, addio New York University, e per molti di loro, addio sogno americano.

Era iniziato come un incubo, è diventata un'esperienza di vita. In realtà proprio quello che mi aspettavo da questi mesi a New York. E manca ancora tanto (troppo) tempo, di cos'altro sarò testimone?